Memorie d'Una Borromaica
Eʼ una mattina come tante, innumerevoli altre. Il sole si riflette sulle bianchissime pareti della sezione, qualche porta lontana si apre con un ronzio e uno scatto, la voce di Caterina sale dalle scale, la suoneria della signora Flores si allontana nel corridoio. Qualcuno ride.
Ma io non mi sveglio nella mia stanza. Il mio materasso è sul pavimento, tra quello di Marta “Impo” De Nitto e quello di Marta Giuca. Tutte e due dormono della grossa, ai piedi dei letti due bottiglie di Peroni e una di Tennents, vuote. Con gli occhi che lottano per richiudersi, mi alzo per tornare in camera mia: di lì a qualche minuto la riconsegna della stanza, come ogni anno, dunque devo sgomberare il bagno e gli ultimi scatoloni. La 39 mi accoglie, ostentando la cascata di luce mattutina che ha meritato, a questo lato della sezione, il nome che negli anni si è fatto definitivo: lato vita. Il lato opposto, quello che dà su strani vicoletti ombrosi e popolati da gatti loschi e vecchie placide, è quindi il lato morte, lato che il sole non raggiunge mai e dunque ben si presta ad alloggiare le schiere di borromaiche meno anziane.
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